Cenni storici
ORIGINE DELLE DEPUTAZIONI IN ITALIA
Nella prima metà dell'Ottocento, il rinato amore per l'erudizione
storica, ispirò in Italia la fondazione di enti di cultura rivolti specialmente
alla ricerca e alla pubblicazione delle fonti. Inadeguate e insufficienti le
forze dei singoli per un'impresa che richiedeva concorso di dotti e larghezza
di mezzi, l'iniziativa mosse dallo stato. E l'esempio partì dal regno di
Sardegna, dove il re Carlo Alberto, con regio brevetto del 20 aprile 1833,
fondava la prima deputazione di storia patria. Compito di essa era di
sopraintendere alla «pubblicazione di una collezione di opere inedite o
rare appartenenti alla nostra istoria e di un codice diplomatico dei nostri
stati».
L'istituzione, tuttoché mossa da scopi culturali, era un primo
segno dell'azione preminente che il Piemonte avrebbe assunta nelle vicende del
risorgimento politico della nazione italiana, e questo intento, se pur non
apertamente dichiarato, è manifesto nella relazione che precedette il brevetto
di fondazione. Nel 1858 la Deputazione, tuttora unica nella penisola, aveva
pubblicato nove volumi di fonti storiche nella collezione dei Monumenta
historiae patriae. Due anni dopo parve naturale al governo che fosse compresa
nel giro degli studi della regia deputazione «quella eletta parte d'Italia
che viene accumunando le sue sorti con le nostre», e, con decreto del 21
febbraio 1860, la sfera d'azione della deputazione stessa veniva estesa alle
provincie lombarde allora già annesse al regno di Sardegna.
L'intento manifesto che l'istituzione albertina, procedendo di pari
passo con gl'ingrandimenti territoriali del vecchio regno, perdesse il suo
carattere regionale per assumere quello nazionale, era stato già frustrato in
quegli stessi giorni con la fondazione di altre tre deputazioni di storia
patria per opera del dittatore della Romagna e dell'Emilia, Luigi Carlo Farini,
cioè la deputazione per le provincie di Romagna (Bologna, Ferrara, Forlì,
Ravenna), la deputazione per le provincie modenesi (Modena, Reggio Emilia,
Massa Carrara), la deputazione per le provincie parmensi (Parma e Piacenza). A
questo movimento centrifugo invano tentò di reagire la deputazione piemontese,
iniziando una nuova collezione, che assunse il nome di Miscellanea di storia
italiani, e ripetendo incombere ad essa «di estendere dal lato degli
studî storici la benefica sua influenza sopra la penisola intiera».
Lo stesso carattere della storia italiana sembrava giustificare questo
moltiplicarsi d'iniziative, tanto che nel 1862, quando si sentì il bisogno
dell'intervento statale per continuare l'Archivio storico italiano di G. P.
Vieusseux, fu lo stesso ministro dell'Istruzione a proporre la fondazione di
un'altra deputazione di storia patria con sede a Firenze e con azione sulle
provincie della Toscana e dell'Umbria (regio decreto 27 novembre 1862), cui si
aggiunsero poi anche quelle delle Marche (regio decr. 19 luglio 1863). Una
deputazione per le provincie venete fu istituita nel 1874, mentre, con distacco
delle rispettive provincie dall'ambito dell'attività della deputazione toscana,
sorgevano una deputazione marchigiana (1890) e una deputazione umbra (1896).
Intanto all'iniziativa statale veniva ad aggiungersi e sovrapporsi quella
privata con la fondazione di società storiche, alcune delle quali furono in
progresso di tempo trasformate in deputazioni: così quella abruzzese, quella
friulana, quella siciliana.
Tentativi di coordinare l'opera delle deputazioni e
delle società furono fatti in diversi congressi storici a partire dal 1879. Nel
1883 venne creato l'Istituto storico
italiano, con il compito di coordinare le attività delle diverse
deputazioni esistenti, sostituito nel 1934 dalla Giunta centrale per gli studi storici", della quale le
deputazioni divennero organi periferici. Dopo la seconda guerra mondiale fu
restituita autonomia alle diverse deputazioni regionali.
Le deputazioni di storia patria, mantenute o
sovvenzionate dallo stato, sono regolate da uno speciale statuto e formate da
membri scelti col sistema di autoelezione. Tutte curano edizioni di fonti e
pubblicano studi nei loro Archivi
storici, Bollettini o Atti e Memorie.